
Chirurgia robotica ginocchio: il futuro della protesi articolare
7 Novembre 2025La displasia anca (o Displasia Congenita dell’Anca, DCA) è una delle malformazioni scheletriche più comuni, ma anche una delle più insidiose. Se non diagnosticata e trattata correttamente nei primi mesi di vita, questa anomalia dello sviluppo dell’articolazione coxo-femorale può portare a problemi seri, culminando spesso nell’insorgenza precoce di una grave coxartrosi nell’età adulta.
Comprendere cos’è la displasia dell’anca, quali sono i suoi fattori di rischio e come viene gestita in tutte le fasi della vita, è fondamentale per garantire un futuro di mobilità e benessere. Presso OrthoCare STP, offriamo un percorso diagnostico e terapeutico completo, con una particolare attenzione al trattamento chirurgico mininvasivo per gli esiti della displasia in età adulta.
Cos’è la displasia dell’anca: una malformazione dello sviluppo
L’articolazione dell’anca è un complesso sistema “sfera-e-incavo” formato dalla testa sferica del femore e dalla cavità acetabolare (o cotile) del bacino.
Si parla di displasia anca quando il rapporto tra questi due elementi non è stabile né corretto. L’acetabolo risulta poco profondo, obliquo o sfuggente, non riuscendo a contenere completamente la testa del femore. Questa condizione determina diversi gradi di instabilità:
- Anca displasica: l’acetabolo è poco sviluppato, ma la testa del femore è ancora ben centrata.
- Anca sublussabile: l’articolazione è instabile e la testa del femore può parzialmente fuoriuscire (sublussazione).
- Lussazione congenita dell’anca: la testa del femore è completamente fuoriuscita dall’acetabolo.
Cause e fattori di rischio della displasia congenita dell’anca
Le cause sono multifattoriali e includono una combinazione di elementi genetici, meccanici e ormonali. I principali fattori di rischio sono:
- Sesso: colpisce le femmine 4-5 volte più spesso dei maschi.
- Presentazione podalica: i neonati nati in presentazione podalica (di natiche) hanno un rischio significativamente maggiore.
- Ereditarietà: forte storia familiare di displasia congenita dell’anca.
- Posizione intrauterina: scarsa quantità di liquido amniotico o posizione anomala che limita il movimento del feto.
- Primo nato: più comune nel primo figlio.
Diagnosi precoce displasia anca: la finestra d’oro nei neonati
Il momento cruciale per il trattamento della displasia delle anche è l’età neonatale. Una diagnosi tardiva riduce drasticamente le possibilità di correzione non chirurgica.
Metodi diagnostici essenziali
- Esame clinico (0-3 mesi): il pediatra o l’ortopedico esegue le manovre di Ortolani (riduzione della lussazione) e Barlow (provocazione della lussazione). Questi test cercano instabilità e il caratteristico “scatto” articolare. Si valuta anche l’asimmetria delle pliche cutanee e la limitazione nell’abduzione dell’anca.
- Ecografia dell’anca (6-8 settimane di vita): è l’esame di screening standard in Italia per i neonati a rischio o in cui l’esame clinico è dubbio. L’ecografia, innocua e non invasiva, permette di misurare l’angolo dell’acetabolo (classificazione di Graf) e valutare la copertura della testa femorale.
Trattamenti per la displasia dell’anca in età pediatrica
La terapia mira a ricentrare e stabilizzare la testa del femore nell’acetabolo, permettendo alla cartilagine e all’osso di svilupparsi in modo corretto.
Approcci non chirurgici (fino ai 6 mesi)
Nella maggior parte dei casi di displasia congenita anca diagnosticati precocemente, il trattamento è conservativo:
- Divaricatore di Pavlik (tutore): utilizzato nei primi mesi di vita. Mantiene le gambe del bambino in posizione flessa e abdotta (divaricata), che è la posizione ideale per favorire la corretta formazione dell’acetabolo.
- Cuscino di Frejka: simile al Pavlik, un tutore morbido che mantiene l’abduzione.
Approcci chirurgici (dopo i 6 mesi o per lussazioni irriducibili)
Se la diagnosi è tardiva (dopo i 6-12 mesi) o la lussazione è grave e non riducibile con tutore, si ricorre alla chirurgia:
- Riduzione cruenta (a cielo aperto): intervento per riposizionare manualmente la testa del femore nell’acetabolo, spesso seguito dall’applicazione di un gesso pelvi-podalico.
- Osteotomie correttive: in età più avanzata, possono rendersi necessarie osteotomie (tagli chirurgici sull’osso) per rimodellare il femore o l’acetabolo, migliorando la copertura articolare.
La displasia dell’anca nell’adulto: esiti e conseguenze
La complicanza più temuta e frequente della displasia dell’anca non trattata o trattata in modo insufficiente è l’insorgenza precoce della Coxartrosi.
A causa della copertura insufficiente, il carico corporeo si concentra su una superficie limitata della cartilagine acetabolare. Questo sovraccarico provoca l’usura accelerata (a volte già nella giovane età adulta, tra i 30 e i 50 anni) e la degenerazione dell’articolazione.
Sintomi della displasia dell’anca nell’adulto
I pazienti adulti che si presentano con esiti di displasia dell’anca lamentano tipicamente:
- Dolore cronico: localizzato all’inguine o all’esterno dell’anca, spesso peggiorato dall’attività fisica.
- Zoppia (claudicazione): dovuta all’instabilità o al dolore.
- Accorciamento dell’arto: specialmente nei casi di lussazione residua alta.
- Riduzione della mobilità: Difficoltà nei movimenti di rotazione e abduzione.
Diagnosi strumentale nell’adulto
La diagnosi negli adulti si basa su:
- Radiografia del bacino sotto carico: permette di valutare l’angolo di copertura acetabolare (angolo di Wiberg) e il grado di usura cartilaginea.
- TAC o Risonanza Magnetica (RMN): utili per valutare il danno cartilagineo, la presenza di lesioni del labbro acetabolare e la pianificazione chirurgica 3D.
Trattamento chirurgico della displasia anca negli adulti: Osteotomia e protesi
La gestione degli esiti della displasia dell’anca nell’adulto dipende strettamente dal grado di danno articolare.
Osteotomie correttive (anca non artrosica o artrosi Iniziale)
Se la cartilagine è ancora in buone condizioni e l’artrosi non è conclamata, l’obiettivo è preservare l’articolazione naturale.
Osteotomia Periacetabolare (PAO): intervento complesso che riorienta l’acetabolo in modo che copra meglio la testa del femore, ridistribuendo il carico e rallentando la progressione dell’artrosi.
Protesi totale d’anca (coxartrosi conclamata)
Quando la displasia ha ormai portato a una coxartrosi grave e invalidante, l’unica soluzione definitiva per eliminare il dolore e ripristinare la funzionalità è l’intervento di Protesi totale d’anca.
Gli interventi su anche displasiche o lussate sono considerati tra i più complessi nella chirurgia protesica a causa delle alterazioni anatomiche (come un acetabolo poco sviluppato, un cotile naturale “paleocotile” e a volte la necessità di correggere la lunghezza dell’arto e la torsione femorale).
Presso OrthoCare STP, questi casi complessi vengono gestiti con tecniche avanzate e mininvasive: per garantire un minor danno tissutale e facilitare un recupero più rapido, con il nostro Protocollo REQUICK.
L’approccio di OrthoCare: dalla ricostruzione al Protocollo REQUICK
La corretta gestione della displasia anca in età adulta, soprattutto quando culmina in coxartrosi, richiede un chirurgo con esperienza specifica nella ricostruzione anatomica dell’articolazione alterata.
Il nostro team, guidato dal Dott. Alessandro Maria Panti, unisce questa esperienza specialistica (necessaria per la complessa ricostruzione protesica) con l’adozione dell’esclusivo Protocollo REQUICK.
REQUICK è un percorso di recupero facile e veloce, che unisce la tecnica chirurgica mininvasiva e una gestione del dolore ottimale con un protocollo di riabilitazione mirato. Questo approccio è applicabile nella maggior parte dei casi di protesi d’anca e offre vantaggi straordinari ai pazienti, compresi quelli con esiti di lussazione congenita anca:
- Recupero immediato: la maggior parte dei pazienti con protesi d’anca riprende l’autonomia funzionale e inizia a camminare direttamente dalla sala operatoria.
- Riduzione della degenza: il recupero accelerato riduce la degenza ospedaliera, che si attesta generalmente a soli 4 giorni per l’intervento di protesi d’anca.
- Massima libertà di movimento: i pazienti possono effettuare ogni movimento da subito, senza le restrizioni tipiche post-operatorie.
È fondamentale sottolineare che il Dott. Panti ha maturato una specifica e importante esperienza che gli ha consentito e gli consente di risolvere con successo anche i casi particolarmente gravi e complessi di displasia anca che altrove non avevano trovato una soluzione. Anche in queste situazioni di elevata difficoltà ricostruttiva, la sua esperienza garantisce un approccio chirurgico mirato e di successo.
La nostra esperienza si concentra sul ripristino della biomeccanica articolare, anche nei casi più complessi, per garantire il successo della protesi e un ritorno alla mobilità nei tempi più rapidi possibili.
La displasia dell’anca, anche se diagnosticata tardivamente, non deve limitare la tua vita.
Se soffri di dolore cronico dovuto a esiti di displasia, contattaci per una valutazione specialistica e scopri il percorso di trattamento più efficace per il tuo ritorno alla piena mobilità.




